In tempi di pandemia, i sindacati dei dipendenti pubblici non hanno vita facile. Messi alla berlina dai populisti come una casta privilegiata, i dipendenti pubblici sono imbavagliati nel lasciare che tutto si riversi su di loro. I dipendenti pubblici si impegnano per il benessere della gente e del paese e sono anche disposti a sopportare la parte che gli compete in relazione a questi tempi difficili. Lo hanno dimostrato in varie occasioni in passato, rinunciando ad adeguamenti salariali ed elementi salariali, anche se questo ha portato a perdite finanziarie non indifferenti. Anche in questa crisi, i dipendenti pubblici hanno garantito i servizi al cittadino. Un'impresa che, a causa delle difficili condizioni e delle situazioni in continuo cambiamento, è stata tutt'altro che facile e possibile solo grazie al grande impegno personale di ognuno.
Non ci si aspettava alcun ringraziamento, poiché affrontare questi tempi difficili era considerato un dovere. Ma quello che si è dovuto sopportare ultimamente, i dipendenti pubblici non se lo sono proprio guadagnato. Perché il ritiro di fondi che erano già stati messi a disposizione dopo lunghe trattative, senza alcun preavviso o accordo con le parti sociali, non è solo uno schiaffo a tutti i dipendenti che hanno contribuito così tanto a far fronte a questa pandemia, ma anche una violazione della fiducia nei confronti delle parti sociali. Più di 17 milioni di euro - quasi il 20% dei fondi stanziati per il periodo 2019-2021 per il contratto collettivo intersettoriale - sono stati ritirati senza tante cerimonie e senza sostituzione.
Il populismo e il dibattito sull'invidia hanno vinto, e le persone sbagliate hanno perso, cioè tutti i dipendenti pubblici che hanno lavorato per il bene della popolazione e del paese in questo momento difficile.
C'è da sperare che questo modo di trattare con le parti sociali non crei un precedente e si diffonda in altri settori.
